Quali innovazioni per l’editoria 2.0 ?

Lo zen e l’arte della lettura ad alta voce

Nel mondo del libro manca un po’ di sano gusto della sperimentazione. Leggere richiede concentrazione, capacità ragionativa, astrazione. Abilità addormentate ma recuperabili con l’aiuto di pratiche opportune. Sperimentare per individuarle parrebbe la via migliore. Inutile che chi produce libri si incaponisca nel progettare strategie di vendita. Vendere non basta. Ricostruire la domanda di libri – cartacei, elettronici – passa da una ricostruzione della domanda di lettura


Anche il più feticista dei collezionisti si stancherebbe di allineare in vetrine bottiglie che non stappa. Ricostruire l’atmosfera che avvolge i libri richiede sperimentazione. Le pile di libri si avvicendano sui banchi a ritmi faticosi da reggere per chi li allestisce. Incassato l’attacco da parte del web, con tanto di primattori sleali, a suon di prezzi bassi e consegne immediate, è ora di dare vita alla libreria 2.0.

Cosa attendiamo a rinnovare il design che ruota attorno al libro?

Sembra un controsenso, ma proprio chi governa il mercato dei contenuti pare afflitto da tradizionalismo, poco propenso a voltare pagina, dare svolta al mercato in senso più creativo. Un bel esempio tratto dal mondo museale è mettere il contenuto di un museo in un videogioco: quale splendida e costruttiva provocazione. Cosa ne possiamo imparare, noi del mondo del libro?

Quale il possibile modo per sfruttare disfide, punteggi, epica, per ricostruire le abilità utili alla funzione del leggere?

C’è un altro punto nel quale occorre innovare qui sul pianeta libro. Ed è la didattica. Qui da noi si confondono le competenze, in alcuni casi notevoli, con la capacità di trasmetterle. Non bastano le competenze. E non basta l’entusiasmo. A volte si pensa che la “passione” sia il grande motore che permette di trasferire messaggi. Non è così. C’è forse un modo per sfruttare strumenti moderni per offrire un contributo su questo versante?

Pensiamoci insieme.

Ho deciso di scrivere questo post fiero di poter raccontare alcune esperienze stimolanti – pallide prime mosse sul terreno della cooperazione fra aziende, sulla progettazione di formati creativi. 

Nel mondo del libro stiamo scoprendo la lettura ad alta voce.

Mi pare una pratica che offre buone prospettive. 

Ma ho il sospetto che ci si tufferà a capofitto su questa pratica, come spesso capita quando una cosa sembra funzionicchiare, rischiando di non usarla nel modo più adeguato. Riflettiamo un attimo su questa pratica, che forse presto sarà “di modissima”. Cosa accade al corpo e al cervello quando leggiamo un testo ad alta voce? Cosa accade in chi ascolta? Quando una mamma, un papà o una zia ispirata leggono Cappuccetto rosso a un bimbo prima che dorma, non gli consegnano solo una storia. Mentre il lato sinistro del suo cervello analizza il senso delle parole, il lato destro integra fra loro i dati ‘razionali’, vive emozioni e le rielabora.

L’emozione influenza i processi cognitivi: in particolare memoria, percezione e decisioni. E il lato “emotivo” del cervello è molto attento a cogliere pause, intonazioni, accenti e ritmo adottati da chi legge. Il bambino si abbandona, si affida alla voce, elemento rilevante anche dal punto di vista affettivo, mentre il cervello, grazie alla felice cooperazione fra i due emisferi, rielabora plasticamente quello che percepisce. Trama, casa della nonna, bosco, alberi, cacciatore, lupo e Cappuccetto acquistano “profondità”, ma – cosa più importante di tutte – il cervello perfeziona la propria capacità di riplasmarli.

La lettura ad alta voce aiuta a “vedere” meglio quello che accade ai protagonisti di una storia. Il grado di empatia fra ascoltatori e personaggi cresce sensibilmente. Charles Dickens lo sapeva bene, e modellava con cura i dialoghi dei propri romanzi per renderli adatti alla lettura ad alta voce. Mentre Mark Twain metteva attenzione maniacale all’uso delle pause e del ritmo quando leggeva in pubblico.

Sappiamo poi che quando qualcuno di fronte a noi rovescia un bicchiere d’acqua, i nostri neuroni specchio emulano il suo gesto. Questo dovrebbe farci riflettere sulla potenza che acquista un testo narrato ad alta voce. Non sarà mai pari all’evento vero e proprio, ma certamente molto più che leggendolo in modo silente.

Che ne è di tutto questo gioco quando si diventa adulti? Come mai viene perso per strada? Non c’è motivo, né alcuna convenienza perché questo accada. Ecco la ragione per cui è opportuno far ascoltare ai ragazzi delle scuole medie e superiori storie lette bene, meglio ancora incoraggiarli a farle proprie interpretandole e narrandole.

Oltre al fatto che queste attività promuovono una gestione della socialità, della condivisione, della capacità organizzativa estremamente strutturato e costruttivo. Per lo stesso motivo, anche noi adulti non dovremmo perderci questa eccellente occasione.

Tradurre in forma scritta parole che venivano pronunciate a voce ha contribuito in modo decisivo ad accelerare il pensiero astratto e la creazione di nuove idee. Ma riappropriarci dell’“antico” uso della voce e dell’ascolto produce frutti eccellenti. Oltre a essere fonte di piacere e relax contribuiscono ad accrescere le capacità cognitive e decisionali del nostro sottoutilizzatissimo cervello.

E a proposito di cervello, capacità ragionative, pregiudizi. Consiglio a tutti la lettura di un eccellente libretto uscito da poco per il Mulino: La cura della ragione, di Fabio Paglieri.

Leggere ad alta voce sta diventando una pratica sempre più diffusa: d’altronde, come negare che sentirsi leggere un libro è fra le cose belle che ci sono capitate nella fase più felice della nostra esistenza?

Si legge per una, dieci, cento persone.

A letto, a teatro, nei giardini, nelle piazze, sempre più spesso anche a scuola.

Oltre alla grande maratona Le voci della città – a cura di Daniele Abbado! – che tra il 19 e il 20 novembre vedrà impegnati decine di lettori volontari, attori teatrali scrittori, musicisti, la prossima edizione di Bookcity Milano offre la bellezza di 40 eventi che mettono la voce al centro.

A Pavia, molte classi hanno aderito a un progetto che si chiama semplicemente Dieci minuti. Gli insegnanti si impegnano lungo l’arco dell’intero anno scolastico a leggere dieci minuti la settimana.

Poco? Tanto? Di solito, la continuità premia. E un tempo così ridotto rischia di stuzzicare il desiderio. Quanto bene, però, si legge ad alta voce?

In molti casi, gli insegnanti praticano da tempo questa attività con efficacia: e sono più di quanto non si pensi. Magari non hanno il tempo di perfezionare una tecnica sopraffina, ma spesso esperienza e passione sono sufficienti a catturare l’attenzione degli studenti. 

Di sicuro, padroneggiare meglio voce, tempi, ritmi, sottolineature, può offrire loro una piccola arma di seduzione in più, suscitando emulazione nei ragazzi. E sappiamo quanto l’emulazione sia un motore potentissimo: in un recente intervento al London Future Fest, Brian Eno ha raccontato di essere rimasto esterrefatto dall’apprendere che in Danimarca i ragazzini imparano a leggere proprio per emulazione, e non per dovere! Tornando agli insegnanti: partecipare in prima persona a un percorso formativo dedicato alla voce permetterebbe loro di mettere a punto un’abilità importante.

Nel frattempo, sempre più spesso nelle scuole vengono invitati lettori volontari, o anche professionisti, che offrono ore di lettura ai ragazzi. Nelle scuole superiori gli esperimenti più graditi dagli studenti parrebbero quelli animati da coetanei che hanno preso parte a corsi di formazione teatrale, se non addirittura di lettura ad alta voce, e si attivano in veste di tutors. A Torino, in una dozzina di scuole giovani doppiatori hanno calamitato attenzione e partecipazione dei ragazzi, costruendo con loro spettacoli disseminati per la città in occasione di Torino che legge, lo scorso aprile. Ad Arezzo, la giornata conclusiva di BookSound ha visto partecipare 600 ragazzi stregati da uno Shade – rapper emergente e a sua volta doppiatore – che improvvisa in free-stile su testi letterari…

Non c’è dubbio: organizzare spettacoli di lettura attiva nei ragazzi competenze individuali e di gruppo che vanno ben oltre la semplice area dell’interpretazione. Serve, per realizzare una bella cosa, chi manovra le luci, chi sceglie i testi e lavora alla drammaturgia, chi si occupa di suoni o rumori, chi segue le immagini, o addirittura prepara un trailer, si dedica al lancio del progetto: insomma, tutti sono coinvolti, tutti condividono, criticano, suggeriscono, si cimentano, indipendentemente dal grado scolastico o dalla tipologia di istituto. Quanti ragazzi hanno provato la grande soddisfazione di vincere una piccola sfida, godersi la sensazione di aver fatto un balzo in avanti. In questi mesi è nata anche una singolare Orchestra di carta; un piccolo organico formato da studenti di un liceo di Domodossola e di un istituto superiore di Briga, nel Canton Vallese, che hanno allestito una performance dove suoni, rumori, battiti prodotti dalla o sulla carta hanno fatto da basso continuo ad alcune letture.

Ma senza spingersi a questi estremi, fatti di orchestre o maratone – e alla maratona di Bookcity non saranno pochi gli insegnanti che vi prendono parte – certamente questa attività sta prendendo piede, e potrebbe davvero far scoprire la lettura da una prospettiva felicemente alla larga dall’area un po’ freddina e certo non incoraggiante del dovere.

Esiste un modo per coniugare nel modo più proficuo possibile questa pratica con il mondo del design, del gaming, di quanto di più creativo ci riserva oggi il web design, il design tout court?

Esiste in generale un modo per incrociare web design, gaming,  gioco elettronico – in generale il mondo digitale – per agire in modo proficuo sui tre fronti che mi paiono critici per risollevare la domanda di libri?

Li riepilogo:

  • educare e stimolare alla lettura in modo non prescrittivo con pratiche di lettura ad alta voce e altre pratiche da individuare.
  • offrire ai librai percorsi formativi nuovi, che consolidino le loro competenze sui libri, nonché le loro attitudini operative con i colleghi e con chi i libri li produce.
  • migliorare layout e atmosfera degli ambienti, reali e virtuali, in cui si offrono libri.

Sono convinto che troveremo insieme un percorso proficuo, innovativo, produttivo.

La creatività che ci distingue unita a un po’ di buona volontà e di spirito cooperativo  – che invece non ci distinguono troppo – ci faranno fare grandi passi avanti.