Sfide, rompicapi, enigmi impossibili e tanta suspense. Sono questi alcuni degli ingredienti che rendono un “mystery game” attraente per chiunque, dai bambini agli adulti.
E se si applicassero le stesse regole ad un videogioco ideato per un museo in modo da attrarre, in particolare, le generazioni più giovani?
È nato proprio così il Museum Mystery in Danimarca, un videogioco da utilizzare esclusivamente all’interno dello spazio fisico di un museo.
Come?
Attraverso l’app Useeum certo, ma anche vivendo le stanze che ospitano le collezioni e i reperti: il gioco, insomma, detta le regole ma costringe il fruitore a sollevare gli occhi dallo schermo (il 95% delle volte) per trovare le soluzioni agli enigmi guardandosi intorno. Spostandosi nei luoghi e trovando gli oggetti giusti è possibile, infatti, risolvere i rebus intricati di Heidenreich, il cattivo della storia nonché ladro avido e astuto alla costante ricerca di tesori e beni di grande pregio. Il professor Blom è sulle sue tracce, ma ha bisogno del giocatore per risolvere gli enigmi e fermare Heidenreich.
Questo gioco non è, peraltro, sempre uguale, dal momento che si tratta di un videogioco che raggiunge tutti i musei e ad essi viene adattato.
In tal modo al visitatore, o meglio al ragazzino, sembrerà di inseguire Heidenreich attraverso i musei seguendone la storia e i suoi tentativi di furto.
Ciò, inevitabilmente, implica un coinvolgimento tale nel fruitore che egli sarà invogliato a visitare tutti gli altri musei per completare ogni missione e svelare tutti i trucchi del cattivo. Sventare una rapina al museo non è mai stata così educativa.
E funziona davvero.
Il videogioco, infatti, è stato testato su un gruppo di bambini, compresi tra i 6 e i 12 anni e i loro feedback sono stati più che soddisfacenti: al di là dell’aspetto ludico, che ha molto entusiasmato i ragazzini, è emerso anche un notevole sviluppo di creatività, spirito di riflessione e voglia di apprendere.
Per di più il videogioco esorta a socializzare dal momento che i bambini cercano indizi e soluzioni servendosi dell’aiuto reciproco.
In ultimo sembra abbia davvero funzionato l’espediente di diffondere il gioco su più musei catturando così l’interesse di quelle generazioni che spesso si annoiano tra antichi reperti che non riescono a comprendere davvero.
E se importassimo questa esperienza anche in Italia non potrebbe diventare uno degli strumenti principali per promuovere la cultura all’interno dei musei in modo del tutto originale e accattivante? In tal modo non si valorizzerebbe un unico luogo ma, trasversalmente, l’incremento di visite e interazioni con la cultura raggiungerebbe più musei e, perché no, anche più città.