Il Museo Ibrido: intervista ad Alessandro Bollo

Approccio audience centric, ibridazione di spazi, funzioni e programmi per un museo che opera a servizio della società come un laboratorio per allenare lo spirito critico, per la democratizzazione della cultura e l’ampliamento dei pubblici potenzialmente coinvolgibili. E il digitale?

Ne abbiamo parlato con Alessandro Bollo, Direttore della Fondazione Polo del ‘900 di Torino e tra i maggiori esperti internazionali di audience development e audience engagement.


Direttore, in che termini si sta muovendo la nuova definizione di Museo e come il Polo sta cercando di reinterpretare il Museo?

Il Polo rappresenta il tentativo di interpretare in chiave “italiana” l’idea di centro culturale a servizio della cittadinanza ispirato ai modelli del nord Europa e pensato per connettere il passato con il presente. I suoi principali elementi di originalità e di novità risiedono anche negli elementi che caratterizzano la sua configurazione spaziale e funzionale. Il centro, ospitato nei due palazzi del complesso settecentesco juvarriano dei Quartieri Militari, si sviluppa su una dimensione di più di 8.000 mq in cui sono accolti un museo, spazi per eventi, mostre e performance, una biblioteca, sale lettura, aule per la didattica, un’area bimbi, sale conferenze, un cinema all’aperto, un mini-cinema e circa 9 chilometri di archivi. Il patrimonio archivistico e librario merita una nota di attenzione perché è il risultato di un lungo processo di messa a sistema e di valorizzazione (anche digitale) di competenze, risorse e materiali – prima fortemente parcellizzati e difficilmente accessibili – adesso a disposizione della cittadinanza. A questi aspetti di integrazione delle funzioni e dei servizi fa da pendant anche la programmazione culturale basata sulla co-progettazione e sulle sinergie progettuali da parte dei 22 enti partner che lo costituiscono. L’ipotesi e la sfida di fondo del Polo del ‘900 è, infatti, quella di utilizzare l’“ibridazione” degli spazi, delle funzioni e dei programmi per arrivare a una “ibridazione” e a un ampliamento dei pubblici potenzialmente coinvolgibili. La finalità culturale sottesa alle strategie di audience development è, pertanto, quella di valorizzare e utilizzare lo straordinario patrimonio storico sul secolo scorso come dispositivo di riflessione, confronto e discussione sui temi e sulle narrazioni dell’oggi, farlo diventare un laboratorio di comportamenti pensato per allenare al pensiero critico, alla lettura complessa e profonda degli accadimenti contemporanei, al rispetto dell’alterità e delle posizioni divergenti. Uno spazio di innovazione civica, detto altrimenti.

Polo del '900 Torino

Direttore, cosa significa essere tra i primi (se non tra i primissimi) ad avere un dipartimento interamente indicato all’Audience Development e alla valorizzazione?

Effettivamente il Polo del ‘900 ha concepito una struttura organizzativa piuttosto innovativa che prevede un’area valorizzazione e audience development con un responsabile il cui compito è anche quello di contribuire a concepire e a sviluppare i progetti, i servizi e le diverse iniziative della Fondazione e degli enti partecipanti con approcci audience centric. Abbiamo formato, inoltre, un gruppo di giovani progettisti che lavora alla sperimentazione di nuovi approcci e disponiamo di un’area monitoraggio e marketing che ha il compito di implementare sistemi di monitoraggio in grado di valutare il grado di perseguimento degli obiettivi in quest’area specifica.

Le nuove generazioni come target: come avvicinarli al Museo e qual è l’approccio del Polo?

Il Polo, proprio per la molteplicità dei servizi e delle attività che mette in campo, si rivolge idealmente a pubblici differenti per età, interesse e modalità d’uso degli spazi e delle funzioni. Ci teniamo particolarmente a coinvolgere le nuove generazioni. Lo stiamo facendo anche con approcci nuovi come i 900giovani, lo young board del Polo costituito da un gruppo di trenta ragazzi che affianca la Fondazione nelle sue attività: un po’ “amici critici”, un po’ co-progettisti, un po’ ambasciatori, ma soprattutto partecipanti attivi e veri protagonisti del Festival 900 G-Days, interamente ideato e gestito autonomamente dai ragazzi.

Passato, presente e futuro. Cosa conservare e quale ruolo riveste il digitale in questa scelta?

Penso che molte istituzioni museali possano giocare un ruolo importante nella costruzione di nuove connessioni di senso e di relazione tra passato e presente. Questo vale anche nel rapporto con i contenuti che si possiedono e la loro (potenziale) dimensione digitale.

Gli ultimi decenni hanno rappresentato uno snodo importante per chi si occupa, e si preoccupa, della trasmissione della memoria del passato e ha la responsabilità di lasciare traccia del presente. Sono stati anni di accelerata evoluzione e mutamento: dai supporti (il cambio di proporzioni fra supporti materiali, ibridi, digitali), alle metodologie e tecnologie di catalogazione (standard, software, open data etc.), alle tecniche di conservazione (fisica e virtuale). Dopo i primi tempi in cui si è stati travolti dalla fascinazione per il nuovo a tutti i costi e in cui pareva che digitalizzare “tutto” fosse la soluzione – con il risultato di un rumore informativo esponenziale, costoso, inutile e sterile – si è entrati in una fase di riflessione più realistica e culturale: è indispensabile interrogarsi su cosa conservare, perché e per chi conservare, come farlo e quali impatti si intende generare.

Domande che hanno accompagnato e orientato, ad esempio, la nascita di 9centRo la piattaforma digitale dei patrimoni archivistici e librari degli istituti del Polo del ‘900. Grazie a questo progetto archivi di diverse tipologie, che prima potevano essere raggiunti esclusivamente attraverso gli strumenti cartacei in loco o attraverso diverse banche dati non comunicanti tra loro, sono adesso accessibili online e in forma integrata a seguito di un lavoro durato più di 4 anni che ha visto i diversi sistemi convergere verso Collective Access, un unico applicativo open source di catalogazione. Attualmente sono più di 120mila i documenti digitalizzati e messi a disposizione dei cittadini per consultazione, studio, ricerca, approfondimento, creazione artistica, sperimentazione. La piattaforma è stata, inoltre, progettata per essere intuitiva e facilmente utilizzabile anche dai non addetti ai lavori; da questo punto di vista 9centRo funziona come strumento di audience development rivolto agli studenti e a tutti coloro che intendono approfondire e scoprire contenuti e storie legate al Novecento e come dispositivo dal respiro didattico grazie alla possibilità di creare percorsi tematici a partire dai patrimoni presenti, includendo anche progetti e sistemi esterni.

A proposito di digitale, ci spiega cos’è stato DEEP (Digital Ecosystem and Engagement for People)? Quali saranno i followup?

La DEEP conference ha rappresentato il momento finale che ha consentito di fare un punto interessante sulla realtà virtuale e sugli ecosistemi digitali nel contesto dell’offerta museale nel nostro paese. E’ arrivata al termine del progetto “Torino, 12 giugno 1940”, un percorso di sperimentazione di Realtà Virtuale al Polo del ‘900 sviluppato insieme a Manitoba e al Museo della Resistenza pensato per sensibilizzare tutte le persone – con particolare attenzione alle nuove generazioni – sulle conseguenze drammatiche e sugli effetti concreti e quotidiani dei conflitti sulle popolazioni e sui luoghi.

Abbiamo avuto la possibilità di confrontare esperienze significative a livello nazionale e internazionale su applicazioni di VR e realtà immersiva in contesti museali evidenziando gli elementi di forza e dirompenza, ma anche le criticità che possono esserci dal punto di vista esperienziale e della sostenibilità economica degli investimenti necessari.

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Grazie Direttore per la piacevole chiacchierata!

a cura di Davide Boselli