Abbiamo scambiato due chiacchiere con Caroline Hirt e Christian Etter, fondatori del MuDA, the Museum of Digital Art, un’istituzione che stravolge la nostra idea – un po’ polverosa – di museo.
E’ il febbraio del 2016 e a Zurigo inaugura un nuovo museo e fin quì nulla di nuovo, ma le novità che questa istituzione apporta a tutto il sistema sono sostanziali.
In primis, il reperimento dei fondi per la sua apertura è stato un atto di fiducia inoltrato alla società, destinataria e committente della nascente istituzione. Se il museo è un’istituzione permanente al servizio della collettività, perché non rivolgersi alla stessa per aprirne un nuovo? Ed ecco realizzata (e finanziata con successo!) una campagna di crowdfunding che ne consente l’avviamento.
Da allora il museo agisce avvalendosi di un ristretto team di professionisti e collaboratori volontari che quotidianamente fanno i conti con un budget limitato.
Secondo, da quale collezione il museo intende partire?
Per rispondere a questa domanda non occorre scomodare l’Idiota di Dostoevsky e la sua celebre affermazione: beauty will save the world, perché la definizione di bello, per i curatori del MuDA è tutt’altro che banale. Tempi addietro alcuni scienziati si scomodarono per trovare quella che fosse l’equazione “più bella del mondo”, trovandola nell’identità di Eulero. Oggi, come allora, per i fondatori e curatori del MuDA la bellezza giace altrove: nei codici.
Partiamo da una questione: definiamo cos’è la digital art.
Digital deriva dalla parola “digit”, che sta per numero. Per noi, la digital art è l’arte dei numeri. Significa che la digital art non è necessariamente limitata a schermi o computer ma può essere, ad esempio, un dipinto concepito secondo regole matematiche. Pertanto ciò che noi esponiamo al MuDA non sono solo lavori artistici resi fruibili e restituiti mediante pc, ma opere d’arte definite da numeri e regole.
Grazie a questa precisazione iniziamo a meglio comprendere in che cosa consiste la collezione del MuDA. A proposito, che fate al MuDA?
Il MuDA esplora, attraverso la bellezza dei codici, le connessioni tra algoritmi, data e società e si caratterizza quale il primo museo fisico e virtuale d’Europa dedicato alla digital art. Data e algoritmi esercitano una notevole influenza sulla nostra società e viceversa. I codici possono collegare queste tre cose (algoritmi, data e società) ed è proprio lì che per noi giace la bellezza. Al MuDA mettiamo in pratica un processo d’astrazione del mondo che consiste nella creazione di semplici regole stratificate l’una sull’altra in grado di originare una sorprendente complessità.
Un esempio?
L’eleganza delle cose create dai numeri binari, realizzate senza finalità economiche ma con avendo la bellezza e la società in mente: questo ci lascia senza fiato. Crediamo che la tecnologia digitale sia uno strumento molto potente; la maggior parte di questa tecnologia è sviluppata per generare profitto. Ma esiste una piccola e globalizzata nicchia, profonda e ricca in diversità, nella quale le persone utilizzano i codici per creare qualcosa di diverso. Questo può portare alla creazione di semplici bot o animazioni mind-blowing. Persino un drone può dar vita a dei graffiti. Questo è il genere di cose che noi amiamo e vogliamo celebrare. Non riscontrate la bellezza in questo concetto?
Alla base del vostro museo c’è un algoritmo: come funziona? Qual è il legame tra l’algoritmo e i curatori?
Il nostro algoritmo curatoriale, Hal 101, è un semplice crawler bot che passeggia nelle rete alla ricerca di artisti. Se il modello dati degli artisti corrisponde a quelli che in precedenza sono stati ospiti al MuDA, il loro punteggio aumenta. Alla fine del processo Hal 101 stila una lunga classifica di artisti.
Sul portale del MuDA si trova scritta questa affermazione: “tendiamo non a conservare il passato ma a plasmare il futuro”. Come ci riuscite? E’ una nuova definizione di Museo?
Crediamo che un museo debba essere uno spazio aperto, caratterizzato da una finalità not for profit e a servizio di un vasto pubblico. Tutto ciò può essere raggiunto conservando e mostrando il passato, ma in questo ambito sono già molte le istituzioni museali che svolgono un lavoro eccellente di conservazione e valorizzazione. Crediamo che un museo possa essere aperto al pubblico mostrando cosa potrebbe avvenire in futuro. E questo, al momento, ci sembra il passo cruciale.
Buttiamo un occhio al sito del MuDA e inciampiamo nei valori del suo statuto, trovando delle meravigliose conferme: supportare la digital art, i suoi creatori e le sua comunità; promuovere la tecnologia code-base, la scienza e l’ingegneria presso i giovani: sono le persone a cambiare il mondo!
a cura di Davide Boselli