Musei e gamification: due mondi apparentemente lontani ma che, soprattutto negli ultimi anni, hanno saputo trovare un modo per interagire. Da una parte, i luoghi deputati alla cultura, soprattutto durante il periodo della pandemia, hanno avvertito la necessità di mantenere il contatto con il proprio pubblico e di attrarre nuovi target di visitatori, dall’altro, il mondo del gaming è riuscito a sfruttare questi nuovi ambienti per offrire prodotti basati sul concetto di edutainment, termine coniato nel 1973 dal documentarista della National Geographic Bob Heyman e teso a riassumere i due principali obiettivi della comunicazione culturale: l’educazione e il divertimento. In altre parole, imparare attraverso meccaniche di gioco.
Oggi, grazie anche alla grande diffusione di dispositivi mobile quali smartphone e tablet, la predisposizione al gioco è diventata più facile ed accessibile ma questo non costituisce solo uno svago fine a sé stesso, dal momento che le sue diamiche possono essere sfruttate per trasmettere messaggi, veicolare contenuti, arricchire l’esperienza degli utenti e coinvolgerli in attività che, se svolte in modo tradizionale, possono talvolta risultare noiose. Proprio sulla base di queste dinamiche, i serious games diventano un valido strumento nelle mani di musei ed istituzioni culturali per aumentare l’engagement e per diversificare l’offerta.
Accanto alla tradizionale visita guidata basata su storytelling da fruire in modo passivo, i musei hanno iniziato a trovare nuovi modi per comunicare con il proprio pubblico e per offrire un’esperienza utente più dinamica e coinvolgente fondata sullo storydoing. Tecnologie digitali e tecniche di gamification trasformano i visitatori in soggetti attivi: si muovono nei luoghi espositivi, instaurano un “dialogo” con le opere esposte, risolvono enigmi per poter avanzare di livello, personalizzano la propria esperienza di visita, diventano soggetti attivi nella costruzione del racconto e, allo scopo di completare il game proposto, tornano più volte nelle sale del museo, vivendo ogni volta sensazioni ed emozioni diverse.
In questo processo di innovazione museale, l’Associazione Culturale TuoMuseo è tra le più attive, avendo già collaborato con importanti istituzioni museali come il Mann di Napoli, il Marta di Taranto e il Teatro Regio di Parma.
Per il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, l’associazione ha progettato Father and Son, gioco narrativo in 2D ambientato nella cità di Napoli, frutto di una proficua collaborazione tra game designer, studiosi e storyteller. La narrazione sulla quale si basa fa leva su sentimenti quali amore, sogni e paura: il giocatore veste i panni di Michael, il figlio di un archeologo che un giorno riceve dal padre che non ha mai conosciuto una lettera. Inizia così un viaggio nel tempo e nello spazio ricco di sentimenti e di scoperte, durante il quale il visitatore si sposta tra passato e presente e compie delle scelte che, alla fine, influenzeranno la storia e lo porteranno a scoprire qualcosa in più sulla vita del padre, dei personaggi storici incontrati lungo il percorso e anche su sé stesso.
Il gioco, visto nell’ottica di Father and Son, diventa così un mezzo per conoscere e per conoscersi, uno strumento capace di raccontare un luogo, le sue opere e i personaggi che lo hanno abitato. L’utente, si spoglia dei suoi panni ed indossa quelli del protagonista, passeggia nei secoli e nei luoghi, vive sentimenti ed emozioni e, al raggiungimento dell’ultimo livello, avrà l’impressione di leggere l’ultima pagina di un libro, quelle righe che ogni tanto gli torneranno in mente e che gli ricorderanno che per un piccolo lasso di tempo la sua vita e quella di Michael sono state un’unica cosa.