Se c’è un oggetto che accomuna le diverse generazioni di giovani italiani, è l’album di figurine. Dai calciatori di serie A agli eroi dei cartoni animati: le scuse per avviare il tradizionale confronto di “ce l’ho/mi manca” sono infinite. E poco importa che i tempi siano sempre più inclini ad affidarsi alla tecnologia e al digitale, perché l’album di figurine rimane un oggetto simbolo dell’infanzia, non solo nostra, ma anche dei nostri genitori e dei nostri figli. Rimanendo in quest’ambito, recentemente il panorama italiano è stato sconquassato dall’arrivo di Artonauti, l’album di figurine incentrato sulla Storia dell’Arte.
Un connubio dunque originale, ideato da Daniela Re, insegnante di Milano, e reso concreto da Marco Tatarella, editore del progetto (anche loro provenienti come Tuomuseo dalla fucina di Fondazione Cariplo)
Artonauti propone un viaggio tra i ritratti e le sculture più celebri della storia dell’umanità, partendo dell’arte rupestre sino ad arrivare alle avanguardie di inizio Novecento.
Un percorso immenso raccontato attraverso la genuinità dei giovani protagonisti che ricoprono le pagine dell’album, il quale è ricco di colori, forme e curiosità, con lo scopo di incuriosire e divertire fruitori piccini e non, con le magnifiche opere degli artisti più celebri del passato.
Data l’idea inedita e il successo riscosso dalla pubblicazione di Artonauti, abbiamo scambiato delle piacevoli chiacchiere con la coppia – professionale e nella vita – Daniela e Marco, per conoscere meglio le potenzialità del progetto, i suoi retroscena e gli obiettivi prefissati.
Cominciamo da una domanda scontata ma funzionale per capire meglio l’essenza di Artonauti: com’è nata l’idea di creare un album di figurine incentrato sulla Storia dell’Arte?
L’idea è nata in classe con i bambini. In quel momento stavo proponendo un laboratorio che ripercorreva la storia dell’arte attraverso un percorso che prevedeva una parte in cui raccontavo curiosità e aneddoti sul periodo e gli autori, e una parte più pratica in cui bambini si cimentavano nelle tecniche grafico pittoriche che avevano osservato. Alla fine c’era sempre il momento per la discussione in cui i bambini si confrontavano e discutevano. Vedendo la partecipazione alla lezione e la curiosità che mostravano in quelle ore mi è venuto in mente che si poteva creare un gioco di avvicinamento all’arte. Giocando con le figurine i bambini imparavano tutti i nomi dei calciatori, in questo modo avrebbero imparato a riconoscere dipinti e artisti. Una sera a cena parlavo a mio marito di questa idea e di come sarebbe stato bello avere un album in cui le figurine completavano affreschi e dipinti. Lui che di mestiere fa l’editore, rimase entusiasta all’idea e mi chiese di progettare l’album. Così quasi per gioco incominciammo a lavorare al progetto.
Artonauti è un nome affascinante, che da un lato rimanda all’epica greca e in particolare al mito degli Argonauti guidati da Giasone per ottenere il vello d’oro, dall’altro rimanda allo spazio e agli astronauti.
Sono possibili altre declinazioni del nome? Qual è per voi la più rappresentativa?
Il nome di Artonauti nasce proprio dalla parola Argonauti. Il protagonista delle nostre avventure è un cane agente segreto, che viaggia nel tempo. Il suo nome è Argo, o meglio 00setter come il nostro cane, nella vita reale. Mentre preparavo i testi per l’album, Argo era sempre con me e mi è venuto naturale inserirlo nella storia. Da Argonauti a Artonauti il passaggio è stato automatico.
I nostri eroi compiono un viaggio avventuroso alla ricerca di tesori dell’arte.
Artonauti consente di compiere un viaggio dagli albori dell’umanità sino al XX secolo. Come siete riusciti a fare da collante per le diverse epoche presenti?
Il filo conduttore sono i nostri protagonisti. L’album incomincia con un racconto che introduce la vicenda. Ale, Morgana e Argo viaggiano attraverso le epoche e incontrano gli artisti. Una banda colorata mostra la linea del tempo, e una serie di aneddoti e curiosità raccontano ai bambini notizie sul periodo o sull’autore. Ogni pagina contiene un indovinello o un gioco per rendere i bambini attivi e curiosi.
Per un attimo mettiamo da parte la storia dell’arte per rivolgerci ai personaggi presenti nell’album, ovvero Morgana, Ale e il cane Argo. A cosa vi siete ispirati per la loro creazione?
Argo è appunto il nostro setter, Ale mio nipote Alessandro e Morgana una ragazzina che conosciamo. I personaggi in questo caso sono proprio reali e rappresentano i bambini dei nostri giorni.
Su quali aspetti vi siete basati per scegliere le opere rappresentative delle varie correnti artistiche ed epoche?
Perché, ad esempio, dare più spazio all’Arcimboldo piuttosto che a un Tiziano Vecellio?
Scegliere le opere non è stato semplice; da una parte abbiamo seguito il programma scolastico della scuola primaria: i bambini incontrano così epoche già conosciute a scuole e familiari come la preistoria, i Greci, I Romani, approfondiscono dal punto di vista artistico quello che a scuola hanno incontrato nello studio della storia. Per quanto riguarda gli autori, abbiamo dovuto fare una selezione. Arcimboldo piace molto ai bambini ed è proposto spesso dagli insegnanti; attraverso i suoi quadri si possono vedere cose diverse, da punti di vista differenti. È uno spunto di riflessione interessante per un bambino, non così ovvio come può sembrare ad un adulto.
Abbiamo voluto fortemente inserire Artemisia Gentileschi in un panorama maschile proprio per dare uno spunto di riflessione e un elemento di discussione in classe. Qualche bambina sfogliando l’album, potrebbe chiedersi, come Morgana, come mai l’arte sembra essere solo per uomini.
Con Artonauti avete avuto prova di come il gioco possa essere perfettamente unito alla didattica.
Ci sono stati studi, ricercatori, esperienze, o prodotti antecedenti ad Artonauti che vi hanno spinto verso questa strada?
Unire il gioco alla didattica è visione condivisa tra tutti coloro che lavorano nell’ambito dell’infanzia e della scuola: un bambino che impara giocando, lo fa in modo naturale, senza sforzo e soprattutto per il piacere di farlo. Studi che riguardano in particolare le figurine non ne conosco.
La mia esperienza si è basata solo dal mio lavoro, vedendo come giocavano i bambini mi è venuto in mente che comporre quadri con le figurine potesse essere divertente ed educativo allo stesso tempo. Per verificare che la mia intuizione funzionasse abbiamo dato l’album a diverse centinaia di bambini a Milano senza che nessun di loro avesse mai sentito parlare degli Artonauti. Dopo qualche giorno siamo tornati da quei bambini e li abbiamo trovati seduti per terra a scambiarsi Van Gogh e Monet. Da un particolare della figurina riconoscevano l’opera, l’autore e anche di quale periodo storico si trattava. Sfogliando l’album avanti e indietro si va avanti e indietro nel tempo e dopo un po’ si ricorda anche quello.
Guardando quei bambini abbiamo capito che eravamo sulla strada giusta.
Questa domanda è dedicata in particolare modo a Daniela Re, essendo un’insegnante specializzata in riabilitazione e potenziamento cognitivo: con Artonauti, hai notato un diverso approccio da parte dei bambini nei confronti dell’arte rispetto ai metodi tradizionali? Se sì, puoi spiegarci i dettagli?
Il metodo di potenziamento che uso con i bambini, il metodo Feuerstein si basa appunto su rendere l’apprendimento un’esperienza attiva di apprendimento. Lavorando ad Artonauti ho cercato di far sì che il bambino potesse impegnarsi, non solo nel gioco delle figurine, ma in giochi che stimolassero varie funzioni cognitive come l’attenzione, la percezione visiva, la memoria.
In questo modo i bambini si mettono alla prova, per loro diventa una sfida. Di solito i bambini non prestano attenzione, soprattutto i bambini di oggi che sono bombardati di stimoli visivi. Non sono abituati a prendersi il tempo per fermarsi un attimo, osservare, riflettere. Per questo l’album è graficamente molto semplice: i bambini devono potersi concentrare sulle opere d’arte e la fruizione deve essere “pulita”. Il bambino può giocare in autonomia, può essere aiutato dal genitore che magari aiuta o approfondisce un argomento ma soprattutto può giocare con i compagni. Scambiarsi le figurine diventa un modo per rendere il gioco condiviso tra tutti, anche ai bambini che magari in un museo non ci sono mai entrati.
Vi aspettavate un successo tale per Artonauti? Vi confessiamo che, adesso, cercare di reperire l’album a Roma è davvero difficile!
Ci aspettavamo che ai bambini piacesse ma non che ci fosse questa richiesta. Tutti gli esperti del settore ci avevano detto che sarebbe stata una piccola collezione e invece tanti, tantissimi lo hanno addirittura prenotato prima che uscisse in edicola.
Abbiamo parlato del rapporto tra passato e presente tenuto saldo da idee come Artonauti. Ma, passando adesso al futuro, avete in mente altri progetti simili?
O continuerete sulla scia inaugurata dall’album proponendo successive edizioni con nuovi risvolti per Morgana, Ale ed Argo?
Per quanto riguarda Artonauti ci saranno nuove avventure per i nostri protagonisti che si troveranno ad affrontare sfide ancora più emozionanti della prima.
Stiamo pensando anche ad altri progetti sempre in ambito di divulgazione culturale.
Avete mai pensato al supporto delle nuove tecnologie (app per smartphone, videogiochi, Realtà Virtuale) per le vostre future iniziative?
Devo ammettere la mia cautela nell’utilizzo delle nuove tecnologie per i più piccoli. Dalla mia esperienza i bambini devono poter toccare, sfogliare, interagire, usare le mani per comprendere, imparare, ragionare. Per il momento abbiamo voluto utilizzare un gioco antico come le figurine per proporlo in modo diverso dal solito. In un’epoca in cui ci si aliena davanti ad uno schermo, vedere che c’è ancora spazio per un gioco sociale in cui i bambini si siedono sui gradini della scuola per giocare con le figurine mi fa sorridere e riflettere.
Grazie infinite per la vostra disponibilità!
Intervista a cura di Lorena Rao