A partire dal ‘400 si è diffusa una antesignana forma di marketing pubblicitario sotto forma di “incarichi d’arte”, un privato o un ente pubblico tipicamente incaricava la realizzazione di un’opera che sovente includeva anche una rappresentazione del committente e/o della sua famiglia. Tale forma vide papi, religiosi, ricche famiglie (Medici) attive nella richiesta di dipinti e sculture attraverso le quali comunicare la propria forza e prestigio alla a maggioranza della popolazione analfabeta.
Nel XXI secolo è in crescita la collaborazione tra il mondo dell’arte e quello dei brand. Molti marketing manager decidono infatti di affidarsi alle “mani” più o meno famose di maestri d’arte che spaziano tra diverse tecniche artistiche, dall’analogico al digitale, o con commistioni delle due, per creare delle limited edition che “sfruttano” il potere attrattivo ed evocativo dell’arte.
È di pochi giorni fa in fatti la notizia della collaborazione di Barilla con GCDS, brand di moda giovane, che guarda alle piazze multiculturali ed energiche di Milano, Londra e Berlino.
Ma questa non è la prima collaborazione attivata da Barilla, già lo scorso anno, a seguito per le dichiarazioni dure di Guido Barilla «Non farei mai uno spot con una famiglia omosessuale», l’azienda decise di rimediare, coinvolgendo proprio un artista. Si tratta di Olimpia Zagnoli, illustratrice e designer conosciuta per le sue grafiche coloratissime e piene di humour pubblicate su testate come Il New York Times, The New Yorker, La Repubblica e TIME.
Per Barilla, Olimpia Disegna un inequivocabile messaggio di amore e di inclusione, riportato direttamente sulle confezioni di pasta distribuite in tutto il mondo ed avviando la linea “Cooking is an Art”
Questa tipologia di iniziative in cui arte e brand convivono e si compenetrano prendono il nome di art licensing, un fenomeno destinato a crescere dando vita a contaminazioni virtuose.
Un’altra caratteristica delle licenze nel settore dell’arte, può essere ricercata nel mercato dell’editoria e della musica. Entrambi i settori sono tutt’altro che morti, ma hanno subito profonde trasformazioni le quali non riguardano solamente la dematerializzazione dei supporti (carta e vilini/cd). Le nuove generazioni infatti sono abituate a co-creare le proprie esperienze e a personalizzare la propria vita; essi costruiscono le proprie playlist partendo da singole tracce musicali, ricercano per keywords l’informazione di proprio interesse e se in 5 secondi non si è in grado di attirare la loro attenzione, passano oltre, che si tratti di un prodotto, di un’opera o di uno spazio fisico o digitale.
Uno sguardo a licenze, centri culturali e gallerie
Secondo l’Associazione LIMA, i ricavi da licenze nel 2018 hanno superato i 250 miliardi di dollari e le collaborazioni di origine artistica sono state il 16% sul totale di attivazioni (Osservatorio Brand Jam 2018)
In un contesto dove i centri culturali sono alla continua ricerca di nuove forme di ricavo e di audience development, dove le gallerie d’arte registrano un forte contrazione (-87% di inaugurazioni negli ultimi 10 anni – fonte The Art Market) e gli artisti trovano difficoltà a trovare e mantenere una relazione feconda con i propri partner e sostenitori, è il caso che tutti gli operatori sappiano cogliere le potenzialità dell’art licensing ed integrarle al meglio nel processo di scoperta, tutela e valorizzazione degli artisti e delle collezioni.
La risposta arriva degli artisti
In mancanza di riferimenti certi, sono gli stessi artisti che spesso per primi intercettano tali opportunità e sviluppano collaborazioni interessanti con i brand contemporanei in modo indipendente.
Nella scena street art possiamo citare KAWS con Hennessy, o Iena Cruz per Marc by Marc Jacobs, ma ancora nell’illustrazione e nel design con Fortunato Depero che realizza i manifesti di Campari ma anche la caratteristica bottiglietta conica.
Anche in fotografia abbiamo assistito ad alcuni casi, come Maurizio Galimberti che continua la Illy Art Collection, riportando in tazzine e confezioni il suo inconfondibile stile di sequenze di inquadrature, in questo caso con luoghi iconici di alcune città italiane.
Ma anche le altre forme d’arte si sono distinte per particolare coerenza nella declinazione arte-prodotto: Takashi Murakami per Vans o Max Ferrigno, il quale, grazie anche all’intuizione di Alberto Mossotto sviluppa la linea Pop Art dei panettoni Galup distribuiti da Eataly.
Ancora da un artista viene inserito per la prima volta il concetto di licenza pura nella vendita delle opere d’arte. Si tratta di Carlo Zanni che riflette sulla sensatezza della vendita di un’opera video in edizione 1 di 4 con una prova d’artista: “cos’è una prova d’artista quando l’opera è un file? Cosa si sta vendendo realmente ad un collezionista?”. L’artista non si spiega perché il fermento della distribuzione dei contenuti visto in musica e in letteratura, non viene seguito dal mondo dell’arte. Qui l’idea di creare un’opera basata sul “package of rights”, ovvero un pacco contenente un vero e proprio contratto di licenza sull’opera video: il collezionista qui acquista il diritto di possedere l’opera, di stamparne il catalogo tutte le volte che vuole, di prestare il video ad un museo, di rivenderlo e tanto altro, cosa ben diverse dall’acquistarne il supporto.
L’iniziativa del Rijksmuseum
Infine, ma non per importanza, un esempio di ispirazione viene proprio dal Rijksmuseum, il quale con l’iniziativa “Masterpieces Never Sleep”, non solo rende liberamente utilizzabile il proprio patrimonio culturale digitalizzato, ma anzi, ne premia la miglior reinterpretazione, anche commerciale. Facendo si che le opere, piuttosto che “dormire” escano dagli spazi museali ed entrino a pieno titolo nella vita di tutti i giorni, raggiungendo così anche le generazioni più difficili ad essere coinvolte nelle politiche culturali.
In Italia nasce popack: art exhibition for packaging
Esattamente un mese fa, il 10 aprile, è stato presentato al Mondadori Megastore a Milano Popack, iniziativa che fa delle collaborazioni d’arte il proprio impegno. Fondato da professionisti che portano nel progetto un’esperienza decennale nel settore culturale, del licensing e della sostenibilità, con alle spalle progetti con alcuni dei migliori brand nazionali ed internazionali, tra cui Ferrero, Nestlé e Luxottica.
In occasione della giornata sono intervenuti diversi protagonisti del mondo dell’arte e della comunicazione tra cui Angelo Crespi, curatore di Mondadori Start, Paolo Lucci, esperto di licensing e co-branding, Gianni Maimeri, Presidente della Fondazione Maimeri, Luca Lagash, bassista dei Marlene Kuntz ed esponente del collettivo OP e Max Papeschi, artista noto per i suoi provocatori fotomontaggi.
Popack in Mondadori from Popack on Vimeo.
I relatori hanno evidenziato gli impatto positivi, nel breve e nel lungo periodo, che le collaborazioni producono per gli artisti, per le gallerie e per le aziende.
Lo stesso giorno Popack ha lanciato una call per selezionare e inserire nel proprio catalogo i creativi che nei prossimi tre anni svilupperanno progetti in collaborazione con brand nazionali e internazionali. Le selezioni si chiudono il 30 giugno 2019. Alla chiamata hanno già risposto oltre 50 artisti e diverse sono le gallerie e i curatori indipendenti che stanno per presentare una propria selezione. Tra i giurati Fabio Viola, presidente di TuoMuseo.
Per maggiori info: www.popack.org